Tipi di lievito, lievitazione e sostituti dei lieviti

Il mondo dell’Arte Bianca è molto affascinante ma non ci si può improvvisare esperti panificatori da un giorno all’altro. Preparare il pane può essere semplice per certi versi, ma per capire bene le dinamiche al suo interno sono essenziali nozioni sulla farina e la sua forza, sulla fisica e chimica degli impasti, sui tipi di lievito e di lievitazione.

Oggi ci occupiamo di questo ultimo aspetto, così, quando preparerete un pane, una pizza o una focaccia, o ancora un lievitato dolce, saprete che lievito scegliere 😉

Intanto, cos’è un LIEVITO?

In microbiologia e in natura i lieviti sono microrganismi viventi tanto quanto i batteri, i funghi; respirano e fermentano, si riproducono in fretta (specie in determinate condizioni) e possono essere buoni o cattivi. Quanti tipi di lievito esistono in natura? Tantissimi.

In cucina il concetto di lievito è più ampio, parliamo quindi di AGENTI LIEVITANTI. Un’agente lievitante è un elemento in grado di INTRODURRE gas (generalmente CO2) in un composto per mezzo di reazioni chimiche, attività microbiologica o lavorazioni meccaniche, con il conseguente accrescimento del volume finale

Va da sè che anche ARIA e ACQUA (specie sotto forma di vapore) possano, quindi, considerarsi agenti lievitanti. Diciamo, però, che la loro efficacia non è paragonabile all’azione di un lievito chimico o biologico.

Per capire meglio questo concetto vi spiego quali sono i tipi di lievito e di lievitazione.

Tipi di lievito e di lievitazione

Biologica

Ne sono responsabili i lieviti, microrganismi che a partire dal glucosio (tipo di zucchero semplice presente nel saccarosio, nelle farine e non solo) producono alcol etilico e anidride carbonica (CO2). Questo processo è chiamato FERMENTAZIONE alcolica, può avvenire sia in presenza di ossigeno (impasti pane) che in assenza (vino, birra..) ed è strettamente correlata alla LIEVITAZIONE.

Lievito di birra

É un microrganismo vivo del genere Saccharomyces Cerevisiae, appartenente al regno dei funghi, comunemente usato per la panificazione e per la fermentazione di vino e birra. Pochi ne conoscono l’uso come integratore alimentare di amminoacidi, minerali e vitamine.

Si chiama “di birra” perché UN TEMPO veniva coltivato a partire dagli scarti della lavorazione della birra, oggi si ottiene dai sottoprodotti dello zucchero.

Sì, COLTIVATO perché i lieviti non si producono, si coltivano. Oggi si fa esclusivamente in laboratori dotati di appositi strumenti per la misurazione e analisi dei lieviti, in camere controllate (temperatura e umidità regolabili) e sterili. Farlo a casa è impossibile.

Il lievito di birra si trova in commercio sotto forma di cubetto fresco, di polvere o di granuli liofilizzati (che rispetto al fresco non sono attivi, sono quiescenti e devono essere attivati prima dell’uso).

Questo lievito, vivo, soffre sotto gli 0°C e sopra ai 50-60°C muore. Non ama gli ambienti acidi, privi di ossigeno, troppo grassi, troppo salati. Attorno ai 30-36°C dà il suo meglio

Lieviti naturali (Pasta madre)

Il lievito madre o, meglio, pasta madre è un impasto di acqua e farina che acidifica e lievita senza aggiunta di altri agenti lievitanti. Il trucco? Batteri e altri microrganismi naturalmente presenti nell’ambiente, nell’acqua e nella farina contaminano l’impasto, rendendolo vivo e in grado di fermentare. 

In cosa si differenzia dal lievito di birra? In tutto. Rende gli impasti più digeribili, più leggeri, più fragranti e profumati grazie alla microflora che lo abita.

Curare una pasta madre non è semplice, non è cosa da tutti. Il rischio che si sviluppino batteri patogeni, spore o tossine c’è e le conseguenze non sono sempre trascurabili. Non siate sprovveduti, fatelo solo se avete le conoscenze, idem per il discorso lieviti spontanei. 

Esiste poi il LiCoLì (lievito a coltura liquida) che altro non è che una pasta madre più acquosa, più facile da mantenere. 

Lieviti spontanei

Si ottiene dalla fermentazione di frutta in acqua, di miscugli di farina integrale e acqua o, ancora, da acqua e semi. Detta così sembra una cosa bellissima, super naturale, vero? 

Eppure, in un’acqua fermentata di questo tipo si possono nascondere patogeni, batteri cattivi. Lo stesso lievito madre non è pronto all’uso in pochi giorni, è necessario coltivarlo e nutrirlo per 10 giorni/2 settimane prima di usarlo. Perché? Perché la carica batterica in un impasto a fermentazione spontanea non è neutra, non è in equilibrio. Non parliamo poi del pH!

Solo attenti esami di laboratorio possono escludere la presenza di batteri fecali (magari portati dalla buccia delle mele usate per la fermentazione), di botulino, funghi.

La cottura di un impasto non assicura la morte di tutti i patogeni. Ecco perché non è possibile acquistare lieviti spontanei, il loro commercio è vietato in quanto pericolosi.

 

Chimica

tortelli dolci fritti

É tutta questione di reazioni chimiche tra elementi, composti, che reagiscono e portano a prodotti diversi. E’ la tipica lievitazione dei dolci: introducendo un composto chimico nell’impasto di una torta e somministrando calore (cottura in forno) inneschiamo una reazione che porta alla formazione di nuovi composti (dispersi nella torta o, se volatili, evaporati) e all’aumento di volume per la liberazione di CO2. 

Non garantiscono lo stesso “bouquet olfattivo” dei naturali o di birra e non richiedono una forte maglia glutinica, a differenza dei lieviti biologici, che intrappoli le bolle di gas prodotte.

 

Tipi di lievito chimico

    • Il bicarbonato di sodio è un -sale di sodio dell’acido carbonico- composto chimico che con la cottura oltre i 50°C si decompone in C02, acqua e residui alcalini. Per evitare questi residui alcalini -sgradevoli al gusto- e la perdita di C02 prima della cottura è necessario combinarlo con elementi acidi come limone, aceto e yogurt: il bicarbonato si attiva efficacemente solo così.

    • Il lievito per dolci, difatti, è una miscela di bicarbonato e altri composti acidi, spesso sali che ritardano il rilascio di CO2 fino alla cottura, evitando che se ne perda gran parte.

    • Il bicarbonato di ammonio lo chiamiamo erroneamente ammoniaca (l’ammoniaca è uno dei prodotto della sua reazione, come CO2 e acqua) il cui utilizzo è sconsigliato nei prodotti umidi poiché l’ammoniaca non evapora completamente e lascia un retrogusto sgradevole

    • Il cremor tartaro si ottiene dall’uva ed è anch’esso un sale, ma di potassio. Si attiva solo in presenza di acqua e ha tendenza ad acidificare perciò è consigliabile usarlo insieme al bicarbonato, per neutralizzare il pH finale. 

 

Fisica/meccanica

Più che una lievitazione è una serie di processi-lavorazioni che portano allo stesso risultato delle altre lievitazioni: un aumento di volume del prodotto finito. Si verifica quando l’acqua (o l’alcol) contenuta in un impasto, sottoposta a calore, si trasforma in vapore acqueo e porta alla lievitazione di un prodotto.

 

Due esempi

    • La pasta sfoglia: l’acqua presente nell’impasto e nel burro, in cottura, evapora e fa separare gli strati, dando così origine alla tipica consistenza.

    • i bignè: l’acqua contenuta nella pasta choux evapora durante la cottura e viene intrappolata da una forte maglia di glutine e amido gelatinizzato (risultato che si ottiene cuocendo la polentina sul fuoco oltre i 65°C).

 

La lievitazione meccanica, invece, si verifica quando aria e CO2 fungono da agenti lievitanti senza l’ausilio di lieviti biologici e/o chimici. 

 

I casi più eclatanti sono:

    • il pan di spagna: un composto montato di uova e zucchero in cui viene inglobata aria che, in cottura, permette la crescita dell’impasto. Idem le meringhe.

    • Le montate di burro e zucchero come base per torte: durante il processo si ingloba aria che farà crescere l’impasto; l’aggiunta di lievito chimica duplica il risultato.

    • Le pastelle fatte con acqua gasata o birra: la CO2 contenuta in questi prodotti viene trasferita all’impasto e li aiuterà a gonfiare (anche se l’efficacia non è massima).

Alternative e sostituti dei lieviti

1. Usarne meno: chi vi ha insegnato a usare un intero cubetto su 1kg (o peggio 500g) di farina vi voleva male. Troppo lievito risulta poco digeribile e sa di alcool.

Provate a usare massimo 6-7g di lievito su un kg di farina per la pizza oppure 10g per il pane, date più tempo all’impasto (minimo 8h, anche 24h se potete) e sentirete! Un cubetto fresco usato bene, quindi, vi basterà per almeno 4kg di farina.

Ecco la mia ricetta per la pizza con poco lievito, come al ristorante.

2. Lievito secco di birra o madre: per sostituire 10g di lievito di birra fresco (cubetto) usiamo 3,3g di lievito di birra secco ATTIVO (granuli) oppure 35g di lievito madre secco. Fate scorta di lievito secco, di birra o madre, così ne avrete quando quello fresco sarà finito o introvabile.

3. Pasta di riporto (criscito): uno dei metodi più antichi di panificare, un retaggio che molti di noi hanno ereditato dai Nonni. La pasta di riporto si “prepara” conservando un pezzetto di un impasto lievitato fino al successivo utilizzo.

Mi spiego: fate l’impasto per la pizza, ne prelevate 200-250g e li tenete per il prossimo impasto. La pasta di riporto va conservata in frigo, se la usate entro 4-5 giorni non serve nessun rinfresco.

N.B.: non è potente come il cubetto di lievito di birra perciò sarà necessario un tempo di lievitazione più lungo, di almeno 5-6 ore o fino al raddoppio dell’impasto.

4. Pasta madre o LiCoLì: su 1 kg di farina se ne usa circa il 20% quindi 200 g di lievito madre o licolì.

5. Congelarlo, si o no? Snì. Come vi dicevo, i lieviti vivi soffrono sotto zero, non muoiono ma possono perdere parte delle loro funzioni, spesso se lasciati in freezer per troppo tempo. Se volete congelarlo sigillatelo bene (magari mettetelo dentro a un barattolo, ben avvolto con la carta) e usatelo entro un mese.

6. Il lievito di birra si può fare in casa? No ragazzi, mi spiace dirvelo..  Mescolare birra e farina non vi farà ottenere nessun equivalente al panetto di lievito, a maggior ragione se usate una birra filtrata e/o pastorizzata a cui è stato tolto qualsiasi residuo della fermentazione. Anche usando una birra artigianale otterrete una miscela che contieneCO2 (gas, bolle), ma non lieviti vivi perciò, nel momento in cui la unirete al vostro impasto, non si svilupperanno nuove bolle. La maggior parte dell’anidride carbonica verrà liberata mentre impasterete e, alla fine, vi troverete con una pizza/pane piatta, dal dubbio gusto e consistenza. Volete provare? A vostro rischio e pericolo di buttare via una bottiglia di birra e della farina!

Lievito finito e zero voglia di provare uno di questi metodi? Allora preparate cose che non richiedano questi tipi di lievito 😉  Per esempio il pane naan, il gnocco fritto, il soda bread irlandese, la tempura, le torte salate (con ricotta e pomodori, radicchio e parmigiano, porro gorgonzola e pancetta, carciofi..).

1.La cosa più semplice è cambiare ricetta: basta sceglierne una che preveda lievitazione fisica/meccanica, tipo un pan di spagna o una torta con base burro montato. Date un’occhiata alle mie proposte senza lievito chimico, troverete torte, dolci al cucchiaio, gelati, meringhe, merende, dolci semplici e gustosissimi.

2. Cremor tartaro+bicarbonato+amido di mais: 50g cremore, 22,5g bicarbonato, 27,5g amido. [Ricetta di Dario Bressanini]. Lo mescolate e usate come se fosse lievito per dolci.

3. Bicarbonato di sodio + elemento acido (yogurt, aceto di mele, limone, miele..): in questo caso le dosi dipendono dal tipo di dolce. Andare a caso non funziona, è meglio trovare direttamente una ricetta formulata con questo tipo di lievito (tipo le torte americane).

4. Bicarbonato di ammonio: 1 bustina di lievito per dolci (16g) = 8g bicarbonato di ammonio. 

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